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Scuola e coronavirus:
il ritorno in classe

Dalle nuove linee guida del Cts all'ipotesi di autocertificazione dei genitori per i minori, fino agli infermieri negli istituti. Club Medici intervista il Dottor Antonio Graziani, pediatra.

In vista della riapertura delle scuole, secondo lei gli attuali protocolli sono adeguati?

Le prospettive sono molto diverse rispetto alle direttive del Cts quindi direi di no. A cominciare dall’uso delle mascherine per i bambini piccoli, che a mio avviso è irrealizzabile.  Sarà difficile imporre ai bimbi le mascherine tutto il giorno perciò credo che la regola fondamentale sia garantire il distanziamento. Dobbiamo chiarire che fino a 6 anni di età i dpi non sono obbligatori, ma insisto nel dire che sarà cruciale il mantenimento delle distanze in classe e negli ambienti comuni. Qui si pone un altro problema: le realtà scolastiche italiane sono molto diverse tra loro, non sappiamo se tutti gli istituti avranno la possibilità di garantire la giusta distanza. Abbiamo infatti già sentito di scuole che riapriranno il 14 settembre mentre altre si troveranno costrette a slittare perché ancora non riescono ad adeguarsi.

Quindi al momento è difficile considerare la scuola un ambiente “sicuro”?

Purtroppo non è possibile. Pensate che anche sull’uso dei vaccini non c’è ancora nessuna normativa regionale o nazionale. Dove saranno vaccinati i bambini? Dal pediatra è impossibile perché ci sarebbe un super afflusso e finora, dal lockdown in avanti, gli studi ricevono soltanto su appuntamento e con la presenza di un solo genitore. Una buona idea potrebbe essere quella di prevedere delle postazioni di pediatri negli ambulatori delle Asl, già attrezzati, cosicché a turno facciano le vaccinazioni ai bambini.

E il personale sanitario nelle scuole potrebbe essere d’aiuto?

Certamente sarebbe molto utile avere l’infermiere professionale, che garantisca il rispetto di certe regole. La misurazione della temperatura andrebbe fatta non a casa, ma all’ingresso delle scuole. Lo si fa negli esercizi commerciali, quindi perché non farlo in un ambiente tanto delicato come la scuola? Dobbiamo prevenire altrimenti si scatenerebbe il caos.  La scuola ad oggi non è sicura. Se fosse strutturata adeguatamente con i banchi distanziati e le aule grandi, allora sarebbe in sicurezza. In questo senso vanno studiate delle alternative: ad esempio si potrebbero fare dei doppi turni oppure proseguire con la didattica a distanza, ma a rotazione. Non si può più immaginare la scuola com’era prima. Pensiamo anche al fatto che molti bambini, soprattutto i più piccoli, trascorrono molto tempo con i nonni quindi il rischio aumenta. E non possiamo permetterci un’altra pandemia come quella dei mesi scorsi.

Cosa pensa della possibilità di introdurre l’autocertificazione per i minori da parte dei genitori?

Potrebbe essere una soluzione, ma solo parziale.  L’anamnesi è importante: conoscere la storia e i contatti di una persona sicuramente è importante, soprattutto adesso con i rientri dalle vacanze. Dobbiamo però attuare le misure preventive che sono quelle del distanziamento. Secondo me l’uso della mascherina è relativo, ma è importantissimo garantire altre misure come ad esempio l’armadietto personale a scuola, l’accesso scaglionato a mense e spazi comuni, la sanificazione continua degli ambienti.  

Quali sono secondo lei le categorie più a rischio?

Certamente gli insegnanti che hanno problematiche immunitarie e sono più avanti con l’età. Anche loro possono essere sia un veicolo di trasmissione sia una fascia particolarmente a rischio. Poi credo che i licei vadano maggiormente tenuti sotto controlli. I ragazzi adolescenti sono stanchi del lockdown e vogliono socializzare. Abbiamo visto in estate cos’è successo in Sardegna! Questa è la fascia d’età più critica, ma bisogna far capire ai giovani che nessuno è immune. Un ragazzo che si ammala è un diffusore anche se asintomatico poiché entra quotidianamente in contatto con la famiglia ed altre persone. E’ una malattia nuova. C’è anche il rischio delle re-infezioni. Non sappiamo quanto dura lo stato immunitario e se gli antiporti prodotti sono neutralizzanti. La prevenzione è quindi importantissima.

Andiamo inoltre incontro alla stagione delle influenze. Saremo in grado di vaccinare tutti?

Mi aspetto un caos con i vaccini antinfluenzali. Sicuramente quest’anno sono tutti molto sensibili al tema, a differenza degli anni passati quando il tasso di vaccinazioni era molto basso, anche tra gli stessi operatori sanitari. Ma il tasso di copertura vaccinale per l’influenza è deficitario. Stavolta c’è più paura quindi ci sarà la corsa al vaccino. Ma non è solo quello il tema. Bisognerebbe garantire una copertura adeguata anche per le infezioni da pneumococco, non solo per l’influenza. Bisogna pensare rapidamente e al meglio come offrire la vaccinazione a tutte le fasce d’età.

A cura dell’Ufficio Stampa Club Medici

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