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Coronavirus: l'unico modo per resistere è esistere
Abbiamo scelto responsabilmente di fermarci, ma nessuno può fermare la nostra creatività!

L’intervista alla dott.ssa Daniela Di Renzo, psicoterapeuta, supervisore e direttore scientifico degli ECM Club Medici

Dott.ssa Di Renzo, siamo stati presi alla sprovvista, o potremmo dire alle spalle, da un nemico invisibile che ha creato un vero e proprio shock in ogni singola persona, in tutto il mondo. Il monito a fermarsi, a restare nelle proprie case è stato improvviso e senza alcuna certezza rispetto al futuro o al superamento del problema. Potrebbe spiegarci, da un punto di vista psicologico, quali possono essere le conseguenze emotive di questa situazione? E quali risorse potremmo attivare per vivere in modo costruttivo questo fenomeno, per resistere?

 Quando si è diffusa la notizia del contagio nelle aree del nord, la brusca interruzione delle attività, la richiesta di restare in casa, mi sono fermata ad osservare, soprattutto per capire cosa sarebbe potuto accadere di lì a poco nella mente delle persone coinvolte. Ci sono voluti solo pochi giorni e tutto il resto del Paese si è trovato travolto in quello che possiamo definire un evento epocale, che lascerà tracce nella memoria di molte generazioni.
Ed è proprio per la necessità di comprendere, di conoscere, che ho cominciato a prendere appunti, scrivere riflessioni, considerazioni, mettendo insieme spunti da articoli trovati in rete, dalle frasi raccolte durante le terapie con gli stessi pazienti e da confronti continui con i colleghi con cui condivido il bisogno di comprendere cosa stia accadendo nella psiche delle persone, e soprattutto cosa accadrà in seguito, quali conseguenze a breve e lungo termine.Purtroppo ne sono uscita sconfitta nell'obiettivo, non mi sono sentita di “sentenziare” su questa delicata questione, ma soprattutto ha prevalso quello che a mio avviso rappresenta un doveroso senso di responsabilità, che tutti noi dovremmo avere in questo momento, in particolar modo i professionisti che si occupano di salute.
Non ho voluto indossare i "panni dell’esperto" senza avere dati sufficienti per leggere in modo serio questo fenomeno epocale, per questo lascio la parola ai ricercatori che hanno l’autorevolezza per farlo.
Purtroppo in queste settimane sono state fin troppe le persone che si sono improvvisate esperte, anche se in buona fede, ma l’effetto a mio parere è stato ancora più catastrofico del fenomeno stesso, (o forse il vero fenomeno da studiare è proprio questo), destabilizzando ulteriormente i fruitori con ipotesi che viaggiano ora in una direzione, ora in un’altra.


Diceva Goethe “Non cercate nulla dietro ai fenomeni: essi stessi sono la teoria”. 

Per comprendere quello che sta accadendo e che accadrà nel prossimo futuro, bisogna prima di tutto guardare in un’ottica fenomenologica, osservare ciò che si manifesta liberandolo dalle ombre generate dai nostri pre-giudizi e dalle convinzioni che esistevano ancor prima del fenomeno stesso. Occorre uno studio approfondito del sistema in cui il fenomeno si colloca, una scrupolosa conoscenza del contesto e di tutte quelle peculiarità che caratterizzano la specifica comunità che si osserva, inglobando nella lettura i dettagli che creano l’identità stessa del contesto preso in esame.
Per soddisfare questo tipo di analisi bisogna osservare, raccogliere dati, re-stare in ascolto, e purtroppo proprio su quest’ultimo punto si arena la ricerca.
In questo momento prevale il bisogno di farsi ascoltare; niente di sbagliato, se pensiamo a una popolazione messa in ginocchio da un virus, un “nemico” invisibile, ma molto scorretto se pensiamo che la ricerca di ascolto proviene proprio da chi in questo momento tiene in mano un potere immenso, quello mediatico, in grado di spostare l’umore di un’intera popolazione, bramosa di risposte e certezze.
Ciò che a mio avviso crea maggiori difficoltà è proprio la confusione generata dai mezzi di comunicazione e da tutti gli input che riceviamo ogni minuto dalla rete. Le informazioni sono contraddittorie; si passa dai messaggi patriottici alle ipotesi di complotto, dalla preoccupazione per i contagiati, i morti, i medici in prima linea, alle battute ironiche (assolutamente necessarie, non discuto), ma questa mole di informazioni non fa che spostare l’umore da uno stato emotivo all’altro, con una velocità che il nostro cervello, il nostro “cuore”, non possono sostenere se non difendendosi creando delle barriere che contaminano la natura stessa delle relazioni e della visione del mondo. 


Ora, qui, nessuna certezza, se non la possibilità di ridefinire le nostre certezze.

Oggi, più che mai, abbiamo bisogno di ritrovare una coscienza critica in grado di selezionare le informazioni, di tornare a creare un disegno di vita coerente con il nostro modo di essere, tornare a scegliere con consapevolezza cosa vogliamo far entrare e cosa dobbiamo necessariamente lasciare fuori dalla porta, quella porta che il nostro cervello emotivo ci impone di tenere chiusa per evitare di essere schiacciati. 
Se vogliamo prendere qualcosa di buono da questo passaggio epocale, non possiamo che aprirci alla disponibilità di cambiare il nostro punto di vista sul concetto di benessere, troppo spesso confuso con una visione materialistica e produttiva, modificare la prospettiva e assimilare un modo di vivere più funzionale e proficuo per il singolo individuo e per l’intero sistema.


COSA POSSIAMO FARE DUNQUE? 
L’unico modo per resistere è esistere.

Sul fare, noi psicologi possiamo dare un contributo concreto. Oltre che fornire ascolto e accoglienza, dobbiamo invitare a mettere in campo la creatività di ognuno, così cara e familiare soprattutto a noi italiani.
La creatività è il canale psichico che più di tutti permette di trovare soluzioni ai problemi dell’esistenza; più creatività mettiamo in gioco, più possibili soluzioni si presentano ai nostri occhi, e più siamo in grado di andare nella giusta direzione, quella che corrisponde al nostro modo di essere, piuttosto che seguire il “modo di tutti”.
Stiamo assistendo a una moltitudine di iniziative “colorate” che mostrano la capacità di far emergere aspetti inesplorati del potenziale umano, a volte tenuti silenti, o spesso mortificati da un modo quasi perverso di interagire con se stessi.
Dunque, l’unico modo per resistere è esistere, è utilizzare questo spazio ridefinito, questo tempo dilatato come contenitore per comprendere più da vicino quali sono le nostre peculiarità, senza l’intrusione dei tempi di produttività e di consumismo che ci travolgevano fino a poche settimane fa. 

Cosa fare?
Scrivere e tenere un diario:
specchiarsi in un foglio che nel tempo possa testimoniare le evoluzioni dei vissuti di fronte al cambiamento, alle abitudini che modificano, che racconti il modo di stare in relazione con i cari o con i numerosi contatti costruiti ai tempi dei social, che sottolinei le ambizioni, le speranze, la progettualità, le in-certezze ai tempi del COVID-19.

Sperimentare:
osare, provare a parlare linguaggi differenti, nuovi, con se stessi prima che con gli altri.

Osservare, riflettere, rinforzare:
oggi possiamo guardare cosa non siamo diventati, (e avremmo potuto essere), magari solo perché non abbiamo avuto nessuno ad incoraggiare il nostro talento, o una propensione, una competenza, e possiamo anche imparare a guardare il potenziale dei nostri figli, dei nostri cari e rinforzarlo, dargli valore, trovare un senso che vada oltre lo schema entro il quale abbiamo collocato fino ad ora la persona che ci vive accanto.

Esplorare, fare ciò che ci riesce meglio, vuol dire toccare emozioni e sensazioni positive, come la soddisfazione, la gratificazione, vuol dire far salire la motivazione a migliorare e di conseguenza a porci positivamente nei confronti delle relazioni, nei confronti del mondo. È qui, ora, il momento di rendere questo mondo migliore.
Scriveva Nietzsche “Diventa ciò che sei”. Questo è il momento giusto per provarci.
Stimolare il processo creativo è sicuramente utile e necessario ora, ma sarà ancora più utile domani, quando dovremo disegnare nuovamente i nostri tempi, gli spazi di vita, rimettere in moto le attività lavorative, e con un buon allenamento alla creatività forse riusciremo a rendere meno grigia questa società, nel rispetto dei principi che regolano la salute fisica e mentale di ogni individuo, oltre che dell’intero sistema.

Abbiamo scelto responsabilmente di fermarci, ma nessuno può fermare la nostra creatività!

“Di tutto restano tre cose:
la certezza che stiamo sempre iniziando,
la certezza che abbiamo bisogno di continuare,
la certezza che saremo interrotti prima di finire.
Pertanto, dobbiamo fare:
dell’interruzione, un nuovo cammino,
della caduta, un passo di danza,
della paura, una scala,
del sogno, un ponte,
del bisogno, un incontro.”
[Fernando Sabino]

Torneremo a camminare nelle strade, affollare le piazze, e lo faremo con una coscienza nuova e più forte di prima.
E per citare un cantautore a me molto caro, pensiamo che “passerà anche questa stazione senza far male, passerà questa pioggia sottile come passa il dolore”.
[F. De Andrè].

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